Cultura

In Biblioteca si parla “Del fare spietato” di Pasquale Vitagliano

Michele Colaleo
pasquale vitagliano
L'autore presenta la sua ultima raccolta di poesie in un dialogo con il poeta e musicista Vittorino Curci, moderato dalla giornalista Cinzia Urbano
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Questa sera, a partire dalle ore 19, si terrà presso la Biblioteca Comunale “Luigi Marinelli Giovene” la presentazione della nuova fatica letteraria di Pasquale Vitagliano, intitolata “Del fare spietato”.

Si tratta di una raccolta di poesie, che segna il ritorno dell’autore alla scrittura in rima, dopo la prosa romanzata del precedente “Sodoma”, incentrato sulla ricostruzione delle vicende politiche riguardanti l’ospedale di Terlizzi.

Il volume è edito da Arcipelago Itaca ed è dedicato a Gianmario Lucini, poeta, critico ed editore lombardo scomparso pochi anni fa ed impegnato nella lotta culturale contro tutte le mafie ed il malcostume gattopardesco di certa società meridionale.

Attraverso i sessantuno componimenti che danno corpo al volume, Vitagliano offre al lettore un punto di vista critico sulla società contemporanea: il liquefarsi della solida semplicità degli affetti quotidiani e l’impossibilità di cogliere la pienezza di senso di ciò che ci circonda minacciano la possibilità di un’esistenza autentica e genuina, fatta di mani che si toccano, di piccoli gesti pregni di significato e di sguardi in grado riconoscersi in silenzio.

L’autore sembra volersi sottrarre ad ogni forma imposta di privazione di valore, e piuttosto che trasformarsi in uno dei tanti “pezzi esposti della pesca pesta spesa” preferisce restare “fermo sul piano più stralunato / di un sasso che non ha bocca per parlare / e comunque ingiunge di non essere preso alla leggera”.

Quella di Vitagliano è pertanto una poesia civile, nel senso che i suoi versi sono sempre legati a luoghi e tempi delle singole vite nella necessaria relazione con gli altri.

La sua attività nell’ambito della poesia è testimoniato dalle cinque raccolte finora pubblicate e dalla collaborazione in corso con il lit-blog “La poesia e lo spirito”. Vitagliano è poi tra i poeti antologizzati nello studio “A Sud del Sud dei Santi. Sinopsie, Immagini e Forme della Puglia Poetica” ed è presente nell’Atlante dei poeti curato dall’Università di Bologna.

Vitagliano è inoltre iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Puglia; la sua attività come pubblicista, iniziata nella redazione politica del Corriere della Sera, lo ha portato nel 2015 ad essere tra i premiati per la sezione cultura e costume del premio “Michele Campione”.

La presentazione di questa sera vedrà anche la partecipazione di Vittorino Curci, poeta, scrittore e musicista jazz originario di Noci, attualmente impegnato in reading poetici ed in esibizioni in solitaria col sassofono.

In attesa dell’incontro in Biblioteca, abbiamo incontrato Vitagliano e gli abbiamo posto qualche domanda sulle tematiche della raccolta e sulla sua concezione di poesia.

Il titolo della raccolta è “Del fare spietato”. In cosa consiste tale “fare” e la spietatezza dello stesso?

L’etimo della parola poesia significa proprio “fare”. Non c’è dunque nulla di astratto o semplicemente contemplativo nello scrivere poesia, al contrario di quello che si pensa comunemente. “Spietato” perché la poesia non è consolazione. In concreto, tuttavia, il titolo l’ho sottratto a Davide Vargas, importante architetto napoletano, che ha usato questa espressione ricordando il grande disegnatore Andrea Pazienza.

Il tuo impegno letterario spazia tra poesia e prosa. Ritieni che le due forme letterarie siano adatte ad esprimere differenti, o ti lasci semplicemente guidare dall’ispirazione?

Se sono costretto a classificarmi, cosa che faccio solo per semplificare la comunicazione, accetto la definizione di poeta. I romanzi li scrivo per testimonianza storica e perché davvero mi diverto un sacco a scriverli. Le due forme letterarie sono, comunque, completamente diverse. Hanno direzioni opposte, Calvino diceva che la poesia mette l’universo in un bicchiere. Il romanzo fa di un bicchiere un universo.

Le poesie di quest’opera sembra emergere un senso di inadeguatezza anche “fisica” verso un mondo sempre più caotico ed iperconnesso, dove tutto si confonde nel chiacchiericcio dei social network. La poesia ha ancora senso e ragione di esistere in questa realtà?

Grazie per il riferimento alla dimensione “fisica” della poesia. La frattura tra anima e corpo è stato un errore di civiltà. La poesia riunifica queste due dimensioni ed in questo è drammaticamente attuale. La prima garanzia giuridica dei diritti dell’uomo nella storia della civiltà non a caso fu chiamata “Habeas Corpus”.

giovedì 7 Marzo 2019

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