Cultura

A piedi verso Assisi, il cammino di Giovannangelo de Gennaro nel segno di San Francesco

Gianpaolo Altamura
Gianpaolo Altamura
A piedi verso Assisi
Il musicista molfettese, soveretano d'adozione, inizia oggi un pellegrinaggio lungo le rotte della Via Francigena che lo impegnerà per circa due mesi, verso il santuario umbro
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“Andando mas, mas se sabe”. Più si cammina, più si conosce. Questo adagio popolare spagnolo si attaglia molto bene a Giovannangelo de Gennaro, noto musicista-camminatore pugliese che, pur essendo nativo di Molfetta, vive da tempo nella nostra Sovereto, attratto dalla sua quiete pietrosa e dalle sue atmosfere medievali.

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Giovannangelo, per chi ha imparato in questi anni a conoscerlo, è in effetti portatore di una sapienza molto peculiare, che coniuga curiosità, passioni e istinti di natura apparentemente eterogenea, come la musica e il cammino, senza mai concedere nulla alle pedanterie dello specialismo e alle rigidità della teoria. La sua è, infatti, una saggezza che si nutre di incontri e di umanità e trova da sempre la fonte prediletta della sua ispirazione nel Medioevo, di cui è sin dai tempi del Conservatorio studioso e interprete d'eccezione. Assieme alla sua fida viella, copia di un antico strumento riprodotto nel Portico de la Gloria della cattedrale di Santiago de Compostela, che lui ha contribuito a riscoprire, ha calcato i palcoscenici di mezzo mondo, ispirandosi alla cultura musicale di una età ancora misconosciuta e fraintesa, specialmente tra i profani.

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L'età di mezzo non è stata certo un'epoca oscurantista, come spesso si crede, e neanche quell'evo di intrighi, magheggi e chimere promosso dai fumettoni fantasy di Netflix. Il Medioevo è stato al contrario, tra le tante cose, anche San Francesco, per esempio, una figura umile e chiara come poche. Proprio il Santo di Assisi è il nume tutelare del cammino che il musicista-camminatore inizierà oggi, domenica, dopo una messa celebrata nella chiesetta di Santa Maria di Sovereto. Giovannangelo percorrerà a piedi, zaino in spalla, la strada che porta dal borgo ad Assisi, attraversando lungo le rotte della Via Francigena l'Appennino e l'entroterra laziale prima di fare tappa a Roma e proseguire per i luoghi di Francesco, per un cammino che toccherà la distanza – quasi proibitiva – di duemila chilometri, dipanandosi per circa due mesi. La prima tappa, quella odierna, si concluderà a Corato, passando attraverso Ruvo di Puglia. 

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Abbiamo incontrato de Gennaro alla vigilia della partenza per capire meglio le motivazioni, il significato, il valore aggiunto di quella che, nel mezzo di un inverno che pare essersi svegliato proprio in queste ore, si preannuncia una vera e propria impresa.

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Giovannangelo, quali sono le motivazioni di questo itinerario “francescano”?

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È un vero e proprio atto di devozione, un pellegrinaggio in solitaria. Nei giorni prima di partire ho avuto spesso una immagine davanti agli occhi: quella dell'ago e del filo. Ago e filo, uomo e strada, per ricucire un po' i brandelli di una esistenza che in questo momento è un po' lacerata, in cui tutto è più difficile.

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Non hai timori o remore a lasciare la tua quotidianità in questo momento? Anche se è una quotidianità che, per i motivi che conosciamo, è orfana della musica, la tua professione.

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Un po' di tensione c'è, ma è normale, è la tensione che precede il cammino. Ma in questo momento la mia quotidianità è così monotona che non mi spaventa affatto, anzi diciamo che il pellegrinaggio è cominciato già in questi mesi, dentro di me, nella preparazione di questo tempo che mi aspetta. Si è messa in moto silenziosamente una serie di accorgimenti, emozioni che fanno già parte del cammino: spesso si cammina anche stando fermi. Stando fermo, a casa, in questi mesi ho messo da parte una serie di interrogativi a cui secondo me questo cammino darà una risposta.

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Quale sarà l'itinerario?

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L'idea iniziale era quella di fare un cammino lungo e in un primo momento era quella di andare a Santiago, di nuovo, anche perché quest'anno cade l'anno jacobeo e la Porta Santa della Cattedrale è aperta. Tra l'altro avrei dovuto esibirmi a Santiago il 23 dicembre per l'inaugurazione della facciata restaurata della cattedrale con l'ensemble francese Organum diretto da Marcel Peres, ma è saltato tutto per il Covid. A quel punto ho pensato che il cammino, specialmente in questo periodo storico, avrebbe dovuto prendere spunto da una nuova genesi, un nuovo inizio. Proprio pensando a questo senso di nuovo inizio mi è venuto in mente San Francesco. Dunque Assisi, ma passando dal Vaticano. Inoltre percorrerò in buona parte la Via Francigena e quindi sento che tutto è collegato. Avrei dovuto partire in compagnia del mio cane Pietra, che non c'è più da qualche settimana, perciò sento che Francesco e il suo Cantico delle Creature sia il modo più appropriato di ricordarla e di celebrare la capacità di superare attraverso il dialogo tutte le distanze, le differenze, i muri che spesso ci sono tra le creature. Non dimentichiamo che Francesco sa parlare anche al lupo, il che vuol dire che ci insegna a parlare con il diverso, non solo il diverso da noi, ma il diverso che è in noi. Questa è una chiara metafora. Tra l'altro il giorno della mia partenza è Sant'Antonio Abate, protettore degli animali, ma anche uomo del deserto, che nella sua traversata è stato tentato dal diavolo. Camminare è anche imparare a fare a meno di tutto, ritrovare l'essenziale.

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Viene mai, nei cammini, la paura di non farcela, di cedere alla tentazione di prendere un bus, un treno e tornare a casa?

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Non è tanto la questione fisica, quanto la testa. Farcela fisicamente non è semplice, ma è soprattutto la condizione mentale quella che guida tutto, perché non è vero che i viandanti, i camminatori non hanno paura, e guai se non ne avessero.

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Come sarà organizzato il ritorno?

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Dovrò passare dall'Abruzzo e non sarà facile. Ho però deciso di fermarmi al santuario di San Michele a Monte Sant'Angelo. Ho letto che qualcuno ha ipotizzato che San Francesco ci fosse passato, prima di andare in Terrasanta. Con questa tappa il mio percorso si chiuderà ad anello, compiendo simbolicamente un ciclo, la fine come un nuovo inizio.

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Cosa c'è nello zaino del camminatore?

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È uno zaino molto leggero, in cui tutto è ridotto al minimo indispensabile. Calzamaglia per il freddo, felpa, pile, giaccone a vento, scarpe adatte e ghette per riscaldare e tenere protetti i piedi, piccole confezioni di detergenti da rabboccare nel cammino, dentifricio e spazzolino. Solo un cambio di intimo: ogni pomeriggio, a fine tappa, farò il bucato. Saranno otto chili circa di zaino, non di più.

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Quanto camminerai ogni giorno e dove dormirai?

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Camminerò in media per venticinque chilometri al giorno. Partirò la mattina, non troppo presto, e arriverò sempre al pomeriggio. Sono sei, sette ore di cammino al giorno, con pause tranquille. Durante il cammino bisogna sempre mantenere una riserva di energie per ogni evenienza o momento di difficoltà. Non bisogna mai arrivare al rosso. Ho molti contatti, anche ad Assisi, ma la Via Francigena è abbastanza strutturata e organizzata, compatibilmente con le restrizioni dell'attuale congiuntura, credo di poter pernottare senza problemi. Comunicherò le mie tappe ai miei cari, ovviamente avrò il mio cellulare. Mi pongo nella condizione di pellegrino e credo nel valore dell'ospitalità, dell'accoglienza e del dialogo.

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Un cammino non ti lascia mai uguale a come sei partito. Quali sono i cammini più importanti che hai fatto?

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Questo sarà sicuramente uno dei più lunghi e difficili. Ho fatto due volte il Cammino di Santiago, sono stato in pellegrinaggio a Roma, ho percorso cinque o sei cammini in Puglia. Nel 2015 ho portato a termine il progetto Passi Sonori, un itinerario a piedi dal Gargano a Santa Maria di Leuca, durante il quale a ogni fine tappa ho suonato con i musicisti del luogo. Quasi 500 chilometri in cui ho potuto "toccare con i piedi" tutto il territorio pugliese comprendendo ancora una volta che le diversità sono ricchezze.

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Qual è la qualità principale che secondo te deve avere un pellegrino, un camminatore?

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La costanza. Un cammino assomiglia a una pratica meditativa, riduce tutto il resto a zero, importa solo camminare, da soli. Come in molte religioni non è fare una singola azione o un singolo atto rituale l'importante. L'importante è il ritmo, la ripetizione, come nella pratica yogica. Non si tratta di pregare o compiere un esercizio di fede una e una sola volta. La preghiera è ripetizione. Bisogna stare lì con costanza, perché solo così si raggiungono determinati obiettivi. Penso che la costanza è una virtù che è indispensabile nella vita e il cammino non è altro che il riflesso di ciò che è la tua vita.  

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domenica 17 Gennaio 2021

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