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Puliamo Terlizzi: «La crescita percentuale del suolo consumato mette a rischio le nostre campagne»

Michele Colaleo
Consumo di suolo
Il dato continua ad aumentare in maniera preoccupante, attestandosi attualmente al doppio dell'ultima percentuale nazionale rilevata (14,4%)
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Puliamo Terlizzi lancia l’allarme sui dati contenuti nel rapporto annuale presentato dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) relativi a “consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”.
La rilevazione, prodotta dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente e presentata al Senato il 17 settembre, fornisce un quadro aggiornato sui processi di trasformazione del suolo e sull’impatto che i tassi più o meno elevati di urbanizzazione hanno sul paesaggio e sull’ecosistema del paese.
Gli ultimi dati sulla perdita di suolo urbano e periferico in Italia parlano chiaro: la cementificazione avanza ovunque ad un ritmo decisamente allarmante; il territorio sacrificato alle logiche della lottizzazione selvaggia e compulsiva è sempre più vasto, soprattutto nelle zone già compromesse in termini di terra consumata (come accade per grandi città altamente popolate quali Roma e Milano).
La situazione di Terlizzi non costituisce certo un’eccezione rispetto al desolante scenario nazionale: osservando le cartografie e consultando le banche dati messe a disposizione dall’ISPRA, si nota chiaramente che, fatta eccezione per la porzione meridionale del territorio, crescono continuamente le “zone rosse”, ovvero le aree in cui la campagna è stata completamente sostituita da edificazioni di ogni sorta.
A ciò va aggiunto – come fa notare Puliamo Terlizzi nella sua ultima nota online – che a Terlizzi il dato sulla perdita di suolo annuale è quasi il doppio della media nazionale, con una tendenza preoccupante verso un’ulteriore crescita.
Stando alle parole dell’associazione, un’accelerazione al consumo di suolo locale potrebbe essere impressa in particolare dal Piano Regolatore Generale approvato nel 2000, “che procede molto a rilento a beneficio di varianti e di un’edilizia che occupa spazi rurali, consumando così superficie in maniera molto più significativa”.
La previsione di chi denuncia non è affatto rosea: “continuando con questo ritmo, tra mezzo secolo Terlizzi avrà pochissimo terreno coltivabile e sarà letteralmente soffocata dal cemento e da una urbanizzazione diffusa su tutti i suoi 69 km², con la richiesta di servizi e infrastrutture che impatteranno ulteriormente sul paesaggio e inevitabilmente sul benessere dei cittadini.”
Nuotare controcorrente in un fiume di cemento non è affatto semplice: c’è bisogno di una strategia che investa pesantemente a medio-lungo termine “sia sul background culturale dei cittadini che sulla politica di gestione del territorio”, puntando a limitare quanto più possibile lo spreco di aree verdi e ad ottimizzare l’utilizzo pubblico di quelle già edificate.
Si tratta di una vera e propria “inversione di marcia”, non solo auspicabile ma necessaria se davvero si vuole preservare la piccola porzione di territorio non antropizzato ancora disponibile, adottando scelte amministrative che tengano conto – in piccola scala – della logica costi-benefici.
In tal senso, Puliamo Terlizzi propone ad esempio di “offrire una via d’uscita a tutti quei proprietari di suoli edificabili che vogliono tornare alla destinazione d’uso agricola; incentivare il recupero di campi abbandonati o la conversione di zone cementificate in rurali; scrivere un Piano Urbanistico Generale che punti alla qualità delle unità abitative e dei servizi e non alla loro proliferazione”, non giustificata da una crescita demografica di fatto inesistente.

venerdì 20 Settembre 2019

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