Cultura

Quei bravi ragazzi del Collettivo Zebù. «Al Mat abbiamo piantato il seme che rende lo spazio un luogo». Il video

La Redazione
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2 anni di Collettivo Zebù
Formatosi spontaneamente nell'agosto del 2014, in questi due anni il gruppo, associatosi a realtà come Officina di Strada e Tanè, ha animato in maniera instancabile il Mat. Di cui si attende, adesso, il nuovo bando di gestione
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Nell'agosto del 2014, riconosciuta la palese incapacità dell'attuale gestione a generare a percorsi di inclusione e di apertura dello spazio alla comunità, abbiamo richiesto l’utilizzo di alcuni spazi del Mat, il laboratorio urbano, per provare a creare al suo interno percorsi di apertura e avviare servizi di pubblica utilità per la comunità terlizzese”.

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A parlare è Fabio Gesmundo, uno dei ragazzi del Collettivo Zebù, l'associazione che poco più di due anni fa ha cominciato a “occupare” silenziosamente gli spazi del Mat, un magnifico e attrezzatissimo contenitore rivelatosi purtroppo incapace, fino a quel momento, di essere davvero “laboratorio”, ovvero di mettere in moto le risorse spontanee e valorizzare i talenti naturali, generando una offerta strutturata e continua in grado di soddisfare e – soprattutto – stimolare la domanda latente di opportunità culturali espressa dal cosiddetto "territorio".

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Tutto è cominciato con una “autoconvocazione” estiva al Parco Comunale, dove un gruppo di ragazzi, giovani e giovanissimi, cominciò spontaneamente a discutere dell'opportunità di aggregarsi, unirsi, per creare nuovi modi di fare cultura a partire dai processi, dalle operazioni pratiche, dal “fare”, come si dice, smarcandosi dalla logica frustrante degli “eventi” belli e fatti, dei prodotti finiti e a scadenza, privi di implicazioni e di coinvolgimento a medio-lungo termine. Quel gruppo era il nucleo originario di Zebù, rafforzatosi e allargatosi poi nei mesi a venire fino a costituirsi come associazione di promozione sociale e a legarsi, quasi per affinità elettiva, ad altre associazioni animate dagli stessi intenti e dalle simili prospettive, come Officina di Strada e Laboratori Tanè, realtà letteralmente fermentanti, attive da anni nel campo della produzione culturale, spettacolare e artistica, con progetti innovativi nel campo dell’inclusione sociale.

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Senza temere inflessioni retoriche, si può dire che il Collettivo Zebù abbia insomma cominciato davvero dal basso, con la forza della buona volontà e il preciso obiettivo di cambiare le cose, far “girare la partita”, come si dice in gergo calcistico. “Il nostro intento – racconta Fabio a TerlizziLive – era quello di riconsegnare alla comunità cittadina la possibilità di intendere quello spazio come pubblico, come una opportunità comune per la realizzazione di progetti, per la socializzazione, per l’approfondimento di percorsi artistici, per la sperimentazione di progetti di micro-imprenditoria culturale”.

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A questo scopo, sin dal settembre del 2014 le tre realtà associate operano nel laboratorio urbano grazie ad un accordo con il Consorzio Mat, che ha concesso loro l’utilizzo degli spazi per la realizzazione di progetti coerenti con la destinazione d’uso del laboratorio urbano. “Il nostro percorso è partito con l’attivazione di una sala studio gratuita per favorire lo scambio di conoscenza e sapere, attraverso l’organizzazione di piccole mostre, incontri, presentazioni, eventi nella stanza che la mattina dopo avrebbe ospitato gli stessi studenti”, continua Fabio. “Attraverso il consolidamento di una comunità giovanile di riferimento entusiasta di progettare insieme e immaginare attività e servizi all’interno del Mat, abbiamo iniziato ad abitare quotidianamente tutti gli spazi attivando lo studio di registrazione Reh, la serigrafia Zebù Label, la falegnameria sociale Tanè, la prima scuola di formazione teatrale, le prime stagioni teatrali e di danza contemporanea, il Chiù festival [festival dell'illustrazione di rinomanza nazionale, n. d. r.], più di 200 eventi e una infinità di attività formative (alternanza scuola-lavoro, workshop e corsi sulle nuove tecnologie audio, musica, progettazione illustrazione, cinema, artigianato, …)”.

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Tutto questo, si badi bene, è stato fatto esclusivamente con l’autofinanziamento e lo scambio di risorse e competenze, un baratto virtuoso in cui tutti sono cresciuti e hanno imparato qualcosa, dai ragazzi del Collettivo alla comunità – non solo quella giovanile, come si potrebbe credere. Zebù è riuscito ad attivare e ad attirare molti anche fuori dal solito circuito “subculturale”. “La grande partecipazione della comunità cittadina, provinciale e spesso regionale alle attività progettuali, le numerose risorse umane che, per spirito di partecipazione volontaria, hanno offerto le loro professionalità per la crescita di questo progetto condiviso, la forte urgenza riscontrata a livello territoriale dei servizi offerti sono stati un forte slancio per un percorso di rapida crescita del laboratorio. Oggi siamo uno dei più attivi centri culturali della regione Puglia”, afferma con orgoglio Fabio.

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Una realtà che in poco più di due anni è stata capace di creare dal nulla più di 200 eventi, ospitare più di 1000 artisti, mettere su una vera e propria scuola di teatro e programmare le prime due stagioni teatrali – in una città che da anni stenta a rimettere in piedi il bellissimo teatro Millico -, "innescare" una miriade di collaborazioni con associazioni, progetti artistici, enti di formazione e scuole, aprire – in ultima analisi – le porte del Mat a qualcosa come diecimila persone, secondo le stime del Collettivo, che ha confezionato un video per riassumere due anni di onorata attività. “Abbiamo conosciuto la risorsa più pregiata che esista, l’opportunità per migliorare la capacità di rispondere alla crisi ovvero tantissimi giovani cittadini che non hanno paura del futuro ma hanno il desiderio di perlustrarne le opportunità. Abbiamo visto e imparato migliaia di cose da loro, ma è praticamente impossibile raccontarle tutte e ringraziare tutti”, sintetizza Fabio.

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Il risultato di questo percorso illuminato è stato la crescita di una comunità che identifica adesso nel Mat un luogo dove vivere concretamente le proprie passioni, alimentare le proprie “skills”, cominciare a formare le proprie incipienti ambizioni, forgiare le nascenti professionalità, e di cui, per questo prezioso motivo, è necessario prendersi cura quotidianamente, collaborando allo sviluppo di nuovi progetti che ne garantiscano la vitalità e la sostenibilità anche nel futuro prossimo.

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“Questo è il seme che trasforma uno spazio in un luogo”, è il motto fiero del Collettivo, che si trova adesso a dover affrontare una fase incerta, di transizione, in cui sono scaduti i termini della vecchia gestione e si attende che il Comune di Terlizzi predisponga il bando per il nuovo affidamento. Per il momento è stata concessa all'attuale gestore una proroga valida fino al 16 gennaio. A quale soggetto verrà affidata la struttura? Cosa farà il Collettivo in questo intervallo? Tanto c'è ancora da fare.

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Viviamo – racconta Fabio – nella consapevolezza che è urgente, per tutta una comunità di studenti, artisti, musicisti, artigiani, ragazzi, famiglie, poter continuare a far affidamento su uno spazio pubblico del quale tutti si sentono fruitori e soggetti attivi di diritto, non secondo un classico sentimento di possesso, ma sulla base di una forte volontà di compartecipare secondo i più sani principi di apertura, di condivisione e progettazione partecipata”.

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La nuova fase dovrà implicare comunque, secondo il Collettivo, un ripensamento dell'impostazione di questo genere di spazi, nonché delle relazioni tra attori/animatori/fruitori e istituzioni nell'ambito dei laboratori urbani. “Questa esperienza ci porta a dire che vanno promossi altri spazi di comunità, ma vanno urgentemente rovesciati gli approcci: non più il potere nelle mani degli enti che mungono all’infinito le “mammelle” della Regione senza produrre nessun valore. Non più affidamenti a gestori “hobbysti” incapaci di assolvere alle proprie responsabilità o di instaurare un reale e sincero dialogo con le persone – riflette Fabio -. Il Laboratorio Urbano Mat, come tutti i laboratori urbani pugliesi, va affidato alla collettività che vuole produrre lavoro, che si adopera “con le mani”, che ne ha cura, che cerca di sviluppare, attraverso le singole competenze e il fare comune, meccanismi che generano aggregazione, relazioni, opportunità ed economie. Questi spazi devono essere messi nelle condizioni di liberare le energie, produrre valore, e non di essere un peso per la comunità. Questi spazi sono una grande risorsa, sono luoghi pensati per la libera fruizione, per lo svago, per incontrarsi, per imparare. Ma, soprattutto, sono luoghi di fiducia”.

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Se lo dicono quei bravi ragazzi di Zebù, potete crederci.

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martedì 10 Gennaio 2017

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