Politica

16 Marzo 1978, ricordi e riflessioni sul rapimento di Aldo Moro

La Redazione
Il contributo del presidente del Centro Studi Politici "A. Moro"
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Ospitiamo sulle nostre pagine il contributo del Presidente del Centro Studi Politici "A. Moro", Vito De Leo, in occasione del 33esimo anniversario del rapimento dello statista.

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A 33 anni dal suo rapimento anche noi del Centro Studi Politici “Aldo Moro” che lo conoscemmo da studenti universitari, da dirigenti del suo stesso partito, da pubblici amministratori sempre ispirati ai suoi valori di onestà, trasparenza e democrazia, vogliamo ricordarlo soprattutto a quei giovani che non lo hanno conosciuto e a tutti i politici che lo hanno dimenticato e non potranno mai somigliargli.

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Le qualità dell’illustre statista pugliese non riusciamo ancora ad intravederle nei massimi rappresentanti politici che affollano continuamente i mass-media con barzellette e accostamenti femminili di ogni genere. Aldo Moro, oltre che abile comunicatore, dimostrò di possedere anche l’arte della mediazione e l’ispirazione
rnriformista che quasi sicuramente è all’origine della sua uccisione da parte delle Brigate Rosse Il 9 maggio 1978, mentre si recava a votare la fiducia al quarto Governo Andreotti, che avrebbe dovuto avere l’inedito sostegno del PCI alla DC: storica svolta politica voluta dallo stesso Moro, che avrebbe vinto le forti contrarietà della destra DC, dopo 54 tragici giorni di prigionia, seguiti al suo rapimento in Via Fani,
rnin cui persero la vita i 5 uomini della sua scorta, il suo corpo fu ritrovato nel bagagliaio di una renault rossa parcheggiata in Via Caetani.
rnDall’anno seguente alla sua uccisione, come tanti altri, lo abbiamo sempre ricordato con messaggi e cerimonie presenziate dalle cariche istituzionali. Quelli di noi che hanno avuto il privilegio di conoscerlo e di ricevere i suoi insegnamenti sono ogni volta presi da nostalgia e rimpianto. Sentimenti comprensibili e veri, ma non sufficienti a un ricordo di lui, che, secondo il linguaggio cristiano, noi intendiamo piuttosto come “fare memoria”.

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“Fare memoria” per noi vuol dire ricordare per continuare e imparare, per trasmettere alle generazioni più giovani un messaggio che è attuale e serve insieme per capire il passato, rifletter sul presente, progettare il futuro.
rnIl “Caso Moro” ha aperto la stagione della spettacolarizzazione della politi cadi cui approfittano costantemente le nostre massime cariche istituzionali, mettendo così in secondo piano, nell’opinione di molti, i politici che li hanno preceduti tra ui quali si è sempre distinto per serietà, senso del dovere e democraticità il magistero politico di Aldo Moro, che il nostro Centro Studi a Lui dedicato, vuol continuare a ricordare e proporre, estraendolo soprattutto dalla sua vita, dai suoi scritti e discorsi, dalla sua attività politica.
rnNoi ci auguriamo che di poter contribuire – come Lui ci ha insegnato nei frequenti incontri che abbiamo avuto l’onore di realizzare – a riflettere e a proporre sul valore e sulla necessità di coltivare il senso del dialogo e delle alleanze tra formazioni politiche diverse, mantenendo noi stessi e ciascuno la propria identità, collocandoci “gli uni accanto agli altri, tutti forniti di idee e di formule idonee per la soluzione dei problemi di convivenza, di ordine, di sviluppo e di partecipazione che si pongono nella vita nazionale” (Moro 1974).
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rnLa vita e la tragica fine di Moro richiamano ieri come oggi, a stare nella storia e nella politica con speranza. E’quanto ci aspettiamo dalle istituzioni che vorranno ricordarlo a 33 anni dalla sua tragica morte. Disperdere la memoria, infatti, è peggio che disperdere le ceneri: noi abbiamo il dovere di riaccendere tutte le fiammelle del nostro ricordo e della nostra evocazione. Si tratta, insomma, di incominciare, recuperando la lezione di Aldo Moro, che resterà ancora tra i più solidi insegnamenti che possono aiutarci a camminare verso il futuro.
rn“Noi non vogliamo essere gli uomini del passato, ma quelli dell’avvenire. Il domani non appartiene ai conservatori ed ai tiranni: è degli innovatori attenti, seri, senza retorica. E quel domani nella società civile appartiene, anche per questo, largamente, alla forza rivoluzionaria e salvatrice del cristianesimo. Lasciamo dunque che i morti seppelliscano i morti. Noi siamo diversi, noi vogliamo essere diversi dagli stanchi e rari sostenitori di un mondo ormai superato”.(A. Moro)

mercoledì 16 Marzo 2011

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